In Italia la crisi climatica corre veloce, mentre le città fanno fatica a controrispondere in maniera rapida ed efficace. Nella Penisola negli ultimi 11 anni - dal 2015 a settembre 2025 - sono ben 811 gli eventi meteo estremi, di cui 97 nel 2025 (gennaio-settembre),registrati in 136 comuni sopra i 50mila abitanti dove vivono in tutto 18,6 milioni di persone, ossia il 31,5% della popolazione nel nostro Paese.
Eppure, solo il 39,7% dei comuni in questione ha introdotto un piano o una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici. A scattare questa fotografia è Legambiente che, a pochi giorni dall’avvio della COP30 sul clima in Brasile e in vista della seconda edizione del “Climate Pride”, la mobilitazione nazionale per il clima del 15 novembre a Roma, diffonde oggi i dati del suo nuovo report “CittàClima. Speciale governance per l’adattamento al clima delle aree urbane”, focalizzandosi sugli impatti che la crisi climatica sta avendo nei comuni con oltre 50mila abitanti e rilanciando le sue proposte per città più resilienti.
Gli impatti sulle città e le aree urbane più colpite: Allagamenti da piogge intense (371 eventi), raffiche di vento e trombe d’aria(167) ed esondazioni fluviali (60) sono gli eventi meteo estremi che più si sono ripetuti in questi 11 anni. Tra le altre cose preoccupano anche i danni alle infrastrutture, cioè quelli che hanno più cause concomitanti e sono ben 55 causati perlopiù da forti piogge e temperature record con impatti soprattutto sulla rete dei trasporti, e poi i 33 danni da grandinate. A pagarne lo scotto maggiore sono soprattutto le città tra 50 e 150mila abitanti. Qui, in questi anni, si è concentrato il maggior numero degli eventi meteo estremi, ben il 48% del totale (390 su 811).
Tra le città più colpite c’è anche Potenza (tra le prime 10 città tra 50 e 150mila con più eventi estremi), che registra negli ultimi 11 anni 9 eventi estremi che hanno provocato danni, di cui 3 condanni da allagamento per piogge intense, 2 con danni da vento forte e 4 con danni alle infrastrutture.
I grandi dimenticati, PNACC e legge contro il consumo di suolo. Alla luce di questa fotografia, per Legambiente l’Italia paga sulla propria pelle i ritardi legati all’attuazione del PNACC (Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici) e l’assenza di una legge contro il consumo di suolo. Priorità totalmente dimenticate dall’attuale Governo e da quelli precedenti. Per questo l’associazione ambientalista, con il suo report CittàClima, torna a ribadire all’Esecutivo l’urgenza di stanziare le risorse per finanziare e dare piena attuazione al PNACC, che a distanza di due anni dalla sua approvazione, resta ancora un piano solo sulla carta insieme alle 361 misure da adottare su scala nazionale e regionale. Un ritardo, denuncia Legambiente, inaccettabile dato che la mancata attuazione rallenta a cascata la redazione di Piani locali di adattamento al clima.
Il Paese ha bisogno di città in grado di puntare su mitigazione e adattamento. A tal riguardo, per l’associazione ambientalista è anche importante che venga redatto un Piano specifico per l’adattamento delle aree urbane intrecciando il tema anche con quello dell’adattamento per le coste, come fatto in Spagna nel 2016. L’altra grande priorità su cui deve lavorare il Governo Meloni è quella di approvare una legge nazionale sullo stop al consumo di suolo, il cui iter legislativo iniziato nel 2012 è fermo in Parlamento dal 2016. Occorre, inoltre, prevedere il divieto di edificazione nelle aree a rischio idrogeologico, riaprire i fossi e i fiumi tombati nel passato, recuperare la permeabilità del suolo attraverso la diffusione di Sistemi di drenaggio sostenibile (SUDS) che sostituiscano l’asfalto e il cemento. Avere città resilienti significa anche lavorare su una governance integrata, informare i cittadini, lavorare su innovazione e tecnologia, e al tempo stesso replicare le buone pratiche adottate in Italia e all’estero.
“La crisi climatica in atto e i pesanti impatti a livello ambientale, economico, sociale e sanitario – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – ci ricordano l’urgenza di azioni concrete. In Italia al momento l’unica urgenza sembra essere quella legata al Ponte sullo Stretto di Messina, dimenticando la sicurezza delle persone esposte agli effetti del cambiamento climatico. Oggi occorre, invece, investire in interventi che incrementino la capacità di resilienza delle città in termini di mitigazione e adattamento. I dati del nostro report Città Clima confermano quanto le aree urbane siano vulnerabili ai cambiamenti climatici, così come il rapporto globale del Lancet Countdown on Health and Climate Change, e quello dell’IPCC, sottolineano l’urgenza di agire a livello mondiale e nazionale”.
Focus Piani di Adattamento e strategie. Legambiente nel suo report analizza anche la risposta dei Comuni alla crisi climatica e che purtroppo viaggia a diverse velocità in tema di piani di adattamento al clima o delle strategie. Maglia nera alle città tra 50mila e 150mila abitanti, il 68% è sprovvisto di un piano o di una strategia e tra questi anche la città di Potenza (ma anche la città di Matera). Solo il 32% (35 su 110) si è dotato di tale strumento di pianificazione. Meglio, invece, la risposta delle città tra i 150mila e 500mila abitanti, con il 70% dei comuni (14 su 20 città in questa fascia) che ha un piano o una strategia. Bene,invece, le grandi città, quelle sopra i 500 mila abitanti, dove nell’83% dei casi (5 città su 6) è stato predisposto un piano di adattamento o una strategia.
“L’assenza di una diffusione capillare di strumenti di pianificazione per l’adattamento climatico nei Comuni – dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente - è frutto dei mancati sviluppi attuativi del PNACC, della mancanza di risorse adeguate e di competenze specifiche nei comuni sugli eventi meteo estremi e sugli impatti che generano sui territori”.












