UNIONE SANITÀ CONVENZIONATA, LISTE D’ATTESA: I PAZIENTI PIÙ FRAGILI RESTANO FUORI

UNIONE SANITÀ CONVENZIONATA, LISTE D’ATTESA: I PAZIENTI PIÙ FRAGILI RESTANO FUORI

"C’è qualcosa di profondamente ingiusto nella gestione sanitaria lucana di questi mesi: proprio i pazienti che più avrebbero bisogno di vedere ridotte le liste d’attesa vengono esclusi dalle cure di cui hanno urgente necessità".

Lo sostiene l'Unione sanità convenzionata, presieduta da Michele Cataldi,. che prosegue: "Con la DGR 513/2025, la Regione Basilicata — nel tentativo dichiarato di “abbattere” le liste — ha infatti escluso dal piano straordinario le TAC e Risonanze magnetiche con mezzo di contrasto, esami indispensabili nei percorsi oncologici, cardiologici e neurologici, spesso decisivi per diagnosticare una malattia in tempo utile.

È un paradosso che si aggiunge al paradosso: la DGR 513 tenta di curare, con gli strumenti della burocrazia, la ferita aperta dalla DGR 473/2025, che nei mesi scorsi aveva tagliato risorse proprio dove servivano, generando quell’emergenza di attese che oggi si vorrebbe tamponare.
È come voler chiudere una ferita con la stessa lama che l’ha inferta.

Le liste d’attesa non sono piovute dal cielo. Sono il prodotto di una programmazione distorta, che ha distribuito i fondi non in base ai bisogni sanitari, ma alla spesa storica: si è preferito finanziare ciò che “si è sempre speso”, ignorando la domanda reale di prestazioni tempo-dipendenti e salvavita.
Con la DGR 473, la Basilicata è tornata indietro di dieci anni, alle logiche del 2014, tagliando fuori i territori e le strutture che avrebbero potuto assorbire domanda, ridurre i tempi di attesa e dare risposte immediate ai cittadini.

Quando gli effetti di quella delibera sono esplosi, la Regione ha provato a rimediare con la DGR 513/2025, presentata come soluzione. Ma la toppa non solo non copre lo strappo: lo evidenzia. I fondi utilizzati non sono nuovi: sono residui non spesi dello scorso anno, riesumati per evitare le sanzioni previste dal DL 72/2024 per le Regioni che non utilizzano le risorse entro l’anno. Non un piano di rilancio, ma una corsa contro il tempo per salvare la contabilità, non i pazienti.


E il rischio è che, tra bandi tardivi e procedure confuse, si finisca col non riuscire nemmeno a erogare le prestazioni, aggravando ulteriormente la confusione. Ma l’aspetto più grave è l’esclusione di TAC e Risonanze con mezzo di contrasto: esami centrali per diagnosi oncologiche, neurologiche, vascolari e cardiologiche.
In molti casi, la differenza tra una TAC con contrasto e una senza è la differenza tra diagnosticare in tempo un tumore o lasciarlo avanzare.

Qualcuno ha tentato di giustificare la scelta richiamando Agenas, sostenendo che queste prestazioni non figurano tra quelle monitorate sulla piattaforma nazionale.
È un argomento fragile che potrebbe non reggere: il compito di una Regione non è limitarsi a copiare elenchi tecnici, ma garantire i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e rispettare il PNGLA 2019–2021, il Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa tuttora vigente.


E proprio la DGR 513 cita quel Piano come suo riferimento normativo. Ebbene, il PNGLA include esplicitamente TAC e Risonanze con mezzo di contrasto tra le prestazioni critiche da monitorare e garantire. Se la Regione lo richiama formalmente ma poi lo disattende, non si tratta di una svista: è una contraddizione sostanziale, un travisamento normativo e clinico.

Basterebbe chiedere a qualsiasi medico o radiologo per capire la gravità di una simile omissione: ogni giorno, queste indagini consentono di scoprire tumori, aneurismi, ischemie, recidive, e di orientare terapie che salvano la vita. Negarle o ritardarle significa trasformare la lista d’attesa in un conto alla rovescia.

Le liste d’attesa non si riducono con delibere estemporanee, ma con programmazione, trasparenza e coerenza. Significa finanziare i fabbisogni reali, non la spesa storica; valorizzare le strutture che funzionano; ascoltare pazienti e operatori invece di ignorarli. Il tempo della cura non può essere sostituito dal tempo dell’attesa. E la Basilicata, ancora una volta, sembra aver confuso la sanità con la burocrazia.


 

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