Mentre il Presidente del Consiglio finge di attaccare il governo di centrodestra di cui è parte integrante (evidentemente solo per aumentare la posta in gioco, diversamente avrebbe l’ardire di staccare la spina subito) e altrettanto goffamente il centrodestra prova a difendere l’operato dei suoi assessori, c’è una terra che inaridisce ed è la nostra. È la terra che, pazientemente, ogni mattina, gli agricoltori provano a coltivare. Ma l’acqua è finita.
Lo avevamo facilmente previsto, non per particolari competenze o capacità divinatorie, ma perché i numeri, come ha sottolineato il comitato spontaneo dei giovani agricoltori lucani, parlano chiaro.
E poiché era facilmente prevedibile che al 31 agosto i nodi sarebbero venuti al pettine, come M5s Basilicata, prima pubblicamente, poi attraverso una garbata richiesta indirizzata al presidente del consiglio, al presidente della giunta, all’assessore all’agricoltura, all’assessore alle infrastrutture e al presidente della terza commissione, avevamo chiesto una anticipazione straordinaria dei lavori consiliari per avere aggiornamenti rispetto alla gestione della crisi idrica e dunque alla programmazione da mettere in campo per gli agricoltori.
Nessuno degli esponenti politici interpellati ha risposto. Un silenzio sintomo dell’attenzione che questa maggioranza variopinta dedica al tema: il potere negoziale dei singoli in maggioranza, evidentemente, è prioritario rispetto all’interesse a fronteggiare situazioni critiche.
Ma noi andremo avanti. Anche in questo caso, avevamo fatto una facile profezia dichiarando che il Vulture Melfese sarebbe stata l’area più danneggiata, tanto è vero che è stata esclusa dalle prenotazioni autunnali, aperte solo per Agri, Sinni e San Giuliano. Non è rassicurante neppure la situazione degli invasi: Monte Cotugno e Pertusillo registrano un calo di oltre 36 milioni di metri cubi di acqua, e l’Ofanto è praticamente a livelli residuali: quale sarà il destino degli agricoltori dell’area?
E mentre l’assessore Pepe si batteva il petto con i soldi stanziati ormai da anni per la diga del Rendina, noi provavamo a chiedere un piano B, una soluzione emergenziale per far sopravvivere l’agricoltura dell’area fino al giorno in cui tutti, felicemente, taglieremo il nastro alla riapertura della diga. Alla precisa domanda “Qual è il piano B per il Vulture Melfese (detto altrimenti: come camperanno gli agricoltori fino a quella data)?”. L’assessore rispondeva con un orgoglioso “Non esiste piano B”.
Ribadiamo: bene aver messo in sicurezza il finanziamento per la diga, ma l’agricoltura dell’area rischia di non poterne mai beneficiare, perché, nel mentre, agricoltori e commercianti saranno andati via.