EMERGENZA SANITÀ PRIVATA: APPELLO AL CONSIGLIO REGIONALE

EMERGENZA SANITÀ PRIVATA: APPELLO AL CONSIGLIO REGIONALE

Ci sono momenti nella vita delle comunità in cui occorre scegliere da che parte stare. La sanità lucana, oggi, si trova esattamente in uno di quei momenti decisivi. Con la Delibera di Giunta n. 473/2025 si sono abbattuti tagli improvvisi e drammatici sui budget di molte strutture accreditate, aprendo una ferita profonda che colpisce i cittadini, i lavoratori e l’intero sistema di cure.

Ma come ha ricordato mons. Fanelli, “Ogni legittima valutazione sull’ottimizzazione della spesa sanitaria non può e non deve minimamente intaccare il diritto alla salute dei cittadini, un bene pubblico indiscutibile che va non solo difeso ma coltivato e promosso sempre di più.  E questo obiettivo non può che coincidere con il sostegno fattivo ai presidi sanitari convenzionati, centri che negli anni hanno raggiunto traguardi importanti nel campo della diagnostica, della cura e dell’assistenza e che oggi costituisce un patrimonio di competenze e professionalità importante nel sistema sanitario regionale.”


È proprio alla luce di queste parole che oggi si impone un atto di responsabilità: il Consiglio Regionale deve varare con urgenza una norma che consenta di liberare e utilizzare le risorse non spese e già disponibili, originariamente destinate all’ospedalità privata, e di destinarle alle strutture che più hanno subito il peso di questi tagli, così da salvare almeno l’anno 2025 e ridare respiro ad un sistema in sofferenza.

Un provvedimento di questo tipo non è solo una misura tecnica o contabile: significa ristabilire il legittimo affidamento di chi, fino a ieri, aveva programmato attività, investimenti e lavoro sulla base di regole consolidate e improvvisamente stravolte. Significa garantire ai cittadini l’accesso alle prestazioni più necessarie, proprio quelle che – per paradosso – rischiano di non essere erogate perché non sono stati considerati i reali fabbisogni. Significa scongiurare l’interruzione delle cure, che non farebbe che aggravare le liste d’attesa invece di ridurle, e significa infine evitare che tante strutture vadano incontro a crisi d’impresa con conseguenze devastanti sull’occupazione e sul presidio dei territori.

Questa richiesta si lega in modo naturale anche alla petizione popolare consegnata al Presidente del Consiglio Regionale, Marcello Pittella, segno che la società civile lucana non reclama favori o eccezioni, ma chiede regole chiare, trasparenti e fondate sui bisogni reali delle persone. 


L’attuale emergenza, dunque, non è solo un problema contingente:rappresenta l’occasione per rispondere a una domanda più profonda di giustizia, di chiarezza e di responsabilità istituzionale.
Non sarebbe la prima volta che il Consiglio Regionale è chiamato a una scelta di questa portata. Già nel 2022, di fronte ad una situazione analoga, l’Assemblea seppe trovare una soluzione, approvata addirittura con l’unanimità dei voti. Quel precedente dimostra che, quando l’interesse della comunità lo impone, le istituzioni sanno ritrovarsi unite e all’altezza delle sfide. Oggi lo stesso gesto di responsabilità deve essere ripetuto, con la forza aggiuntiva di predisporre regole nuove e più solide affinché simili emergenze non abbiano mai più a ripresentarsi.

Il tema delle liste d’attesa, richiamato tante volte in questi mesi, non può essere affrontato con misure spot. Al contrario, esso richiede azioni concrete e strutturali, e tra queste vi è, senza dubbio, l’urgenza di non interrompere le prestazioni già disponibili e già oggi erogabili ai cittadini lucani. Non liberare subito queste risorse significherebbe alimentare un paradosso crudele: avere fondi già pronti, lasciarli inutilizzati e nello stesso tempo costringere pazienti e famiglie a rinunce, spostamenti e disagi inaccettabili.

È tempo che il Consiglio Regionale raccolga questo appello e lo trasformi in legge. Non si tratta soltanto di bilanci o numeri, ma di salute, di dignità del lavoro e del futuro delle nostre comunità. La Basilicata ha bisogno di cure vere e garantite, di certezze per i lavoratori e di territori presidiati. Non è una scelta opzionale, ma un atto di responsabilità istituzionale e politica che non può più essere rinviato.


 

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