Omelia nella XXV domenica del Tempo Ordinario in occasione della discesa del ss. Crocifisso di Brienza di mons. Davide Carbonaro
“I poveri li avrete sempre con voi, ma non sempre avrete me” (Mc 14,7). Gesù in una delle sere pasquali, prima di essere consegnato nelle mani degli uomini, frena sul
nascere una polemica sull’uso del denaro. Quella sera era stato versato sul suo corpo, da una donna, del Nardo, profumo preziosissimo e costosissimo (Cf Mc 14,3ss). Il
gesto era stato percepito da alcuni come uno spreco inopportuno.
Gesù coglie il malessere e approfitta per portare all’estrema verità la prima beatitudine. Il discorso della montagna o della pianura, aveva segnato il cammino discepolare dei suoi, fino a Gerusalemme: “Beati voi poveri” (Lc 6,20). Gesù in risposta alla discussione, afferma con chiarezza: i poveri li avrete sempre con voi, sostenendo il profondo
rapporto che sussiste tra lui e la nostra povera umanità. A partire da questo monito, comprendiamo come i poveri, gli ultimi, saranno il sacramento visibile della sua
relazione pasquale con noi.
Gesù, in fondo, aiuta i discepoli e noi, a superare gli steccati di relazioni povere, segnate dal dare e dall’avere, ristabilendo il principio della relazione con lui e con noi. Insomma: “Beato chi ha amici poveri” coltiverà un’amicizia unica con il Signore, lui, il povero, che ci ha chiamato amici (Cf. Gv 15,15). Che tutto questo accada la sera prima di morire è significativo, perché la morte del Signore e la sua resurrezione saranno la nuova economia delle cose.
A questo punto comprendiamo come la storia della salvezza prende un altro corso, segnato non più dalla fatica del dare il superfluo, ma di donare tutto, come la vedova
del tempio che nella penombra della sede divina, tra le eclatanti e spropositate affermazioni del proprio io: dona tutto quello che aveva per vivere (Cf Lc 21,1-4).
Delle offerte figlie di una religiosità che imprigiona Dio nella regola commerciale del dare e dell’avere, non si avrà notizia, la vedova che dona tutta se stessa invece, sarà
vangelo vivo da trasmettere; accanto al gesto gratuito della donna che versa del Nardo sul corpo del Maestro (Cf Mc 14,9). Non c’è prezzo per tutto questo, se non la
gratuità e l’amore senza misura.
Il grido del profeta Amos che abbiamo ascoltato, risuona nelle nostre Chiese come anche nelle Sinagoghe. È monito a chi usa i poveri per offendere Dio e l’uomo, per
farli diventare il profitto dell’inconsistenza dei beni accumulati: “venderemo anche lo scarto del grano”. Non si possono comprare i poveri per un paio di sandali, né usare
bilance false per ingannare il piatto già povero dell’orfano e della vedova.
Amos scrive il suo oracolo a pochi chilometri da quello che i nostri occhi ogni giorno sono costretti a vedere e le orecchie a udire. Non solo stiamo vendendo i poveri della terra al loro misero destino, ma ormai è chiaro un progetto di massacro e deportazione totale. Vogliamo elevare a Dio il grido di giustizia per il sangue degli innocenti e dei
bambini che a Gaza, in Ucraina e in ogni parte del mondo, dove la guerra esercita la sua crudele signoria, viene versato copioso. La terra è ormai in ogni suo angolo
intrisa del sangue innocente che grida a Dio con la voce di Abele e risponde a noi con la domanda primordiale del Dio dei Padri: Dov’è tuo fratello?
Basta, basta sangue innocente, basta il rumore delle armi. Si elevi unanime dalla Comunità internazionale, se ancora ha una voce comune e autorevole, il rifiuto e la
condanna unanime delle stragi innocenti che sono davanti a noi. Non smettiamo nelle nostre Chiese e nell’intimo dei cuori, di elevare al Padre di Gesù Cristo preghiere e
suppliche per quanti governano le sorti della storia. Smettiamo di servire Dio e i padroni del mondo. Il monito di Gesù a non servire due padroni è chiaro.
Basta, basta sangue innocente, basta il rumore delle armi. Si elevi unanime dalla Comunità internazionale, se ancora ha una voce comune e autorevole, il rifiuto e la
condanna unanime delle stragi innocenti che sono davanti a noi. Non smettiamo nelle nostre Chiese e nell’intimo dei cuori, di elevare al Padre di Gesù Cristo preghiere e
suppliche per quanti governano le sorti della storia. Smettiamo di servire Dio e i padroni del mondo. Il monito di Gesù a non servire due padroni è chiaro.
Anche nel nostro linguaggio da disarmare, certi atti di guerra o di terrorismo vengono definiti “danni collaterali”, come se non si sapesse che bombardando una città, gli ordigni non fanno differenza tra soldati armati, bambini e innocenti, case, scuole, ospedali, chiese. Occorre fermare questo processo di morte in mano a pochi senza scrupoli e senza rimorsi.
Come vorrei che questi “amministratori” della parabola del nostro tempo, nei loro libri contabili scrivessero zero armi da destinare all’umanità, meno strategie di odio,
più progetti di pace da scrivere prima nella contabilità del cuore e poi nell’intelligenza e nelle scelte. Più scuola per i bambini, più cultura e professionalità per i nostri giovani, più attenzione alla salute degli anziani e dei feriti dalla vita, più salvaguardia della creazione che soffre e geme.
La stessa terra piange per l’uomo che dimentica la sua vocazione di custode e coltivatore del bene e del bello, scritti nelle pagine del creato. Pensiamo per esempio alla sicurezza sul lavoro o alle produzioni inquinanti e allo smaltimento dei rifiuti, specie quelli più pericolosi. Per risparmiare, e quindi aumentare il profitto, si aggirano a volte leggi e normative: “venderemo anche lo scarto del grano”. Le conseguenze però sono pagate da tutti, in particolare da coloro che non hanno alternative di abitazione o di cura.
Ma il Signore non dimentica diceva il profeta Amos, non dimentica la sua opera, il suo sogno sull’uomo e sul creato, non dimentica che nel sangue di suo figlio Gesù,
c’è tutto il sangue innocente sparso, c’è una redenzione e una riparazione che continuamente fanno appello al mio cuore, al tuo cuore. Ed oggi la nostra Comunità
diocesana, grata e devota è qui a Brienza, davanti al Cristo Crocifisso e alla sua Santissima Madre, riconosce la ricchezza su cui vuole costruire la sua fedeltà.
Siamo custodi del poco che passa, perché il Signore ci affidi la vera ricchezza che non perisce. Non smettiamo di ascoltare il grido innocente che sale a Dio dalla Croce, attraverso l’ultimo respiro di Cristo che è il primo del Primogenito dei risorti.