A distanza di ventidue anni dalla storica rivolta popolare di Scanzano Jonico, che il 13 novembre 2003 unì tutta la Basilicata in un grido di dignità e resistenza contro l’imposizione del deposito nazionale delle scorie nucleari, ci ritroviamo ancora una volta a difendere la nostra terra da un attacco frontale.
Nel silenzio assordante della Giunta Bardi, la Basilicata ha espresso, lo scorso luglio, un parere favorevole alla legge delega sul nucleare, aprendo la porta a un nuovo assalto ai nostri territori. Una scelta presa senza alcun confronto pubblico né passaggio consiliare, che svela il vero volto di un governo regionale prono agli interessi calati dall’alto e totalmente scollegato dalla volontà dei cittadini.
Secondo la nuova CNAI – Carta nazionale delle aree idonee, ben 14 dei 51 siti individuati in Italia come idonei alla localizzazione del deposito nazionale delle scorie si trovano in Basilicata. Un numero spropositato, che da solo dovrebbe bastare a far suonare tutti gli allarmi. E invece no. Il presidente Bardi, in perfetta solitudine, ha deciso di svendere il territorio lucano in nome di una retorica sull’“uso sostenibile del nucleare” che offende la nostra storia, la nostra memoria e la nostra intelligenza.
Per far ingoiare il rospo si parla di “uso sostenibile” quando si tratta di scorie radioattive, che resteranno pericolose per millenni e che già oggi, al Centro Trisaia, rappresentano un problema ambientale ancora irrisolto.
A fronte di tutto ciò, pretendiamo l’immediata discussione in Consiglio Regionale. Basta col gioco delle tre carte e con documenti firmati nel buio degli uffici romani. Il popolo lucano ha il diritto di sapere cosa si sta decidendo sul proprio futuro.
Domani, 13 novembre, ricorre l’anniversario di quella straordinaria mobilitazione popolare che, nel 2003, seppe fermare l’arroganza del potere centrale. A quella memoria ci richiamiamo oggi con forza. E rilanciamo un messaggio chiaro: la Basilicata non si tocca.




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